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Una visita preoccupante
Fiona Grace


Un giallo intimo e leggero di Lacey Doyle #4
"Molto piacevole. Consiglio caldamente questo libro a tutti i lettori che sanno apprezzare un giallo ben scritto, con qualche svolta e una trama intelligente. Non resterete delusi. Un modo eccellente di trascorrere un freddo fine settimana!". –Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (parlando di Assassinio in villa). UNA VISITA PREOCCUPANTE (Un giallo intimo e leggero di Lacey Doyle—Libro 4) è il quarto libro di un’affascinante nuova serie di �cozy mystery’ firmata Fiona Grace. . Lacey Doyle, 39 anni e fresca di divorzio, ha fatto un cambio drastico: ha abbandonato la sua frenetica vita newyorkese e si è stabilita in una pittoresca cittadina inglese sul mare: Wilfordshire… È arrivata l’estate e Lacey è deliziata quando il suo fidanzato cuoco la sorprende offrendole una gita per un week-end lungo, una fuga romantica tra le cittadine di mare circostanti, nella campagna britannica, insieme al loro adorato cane e con la possibilità di andare a visitare negozi di antiquariato… Ma Lacey è ancora più sorpresa quando la sua famiglia appare da New York facendole una visita a sorpresa, decidendo poi di andare con loro!Ancora peggio, in una cittadina vicina, Lacey si trova al centro della scena di un omicidio. Ancora una volta, con la sua reputazione in ballo, potrebbe essere lei l’unica persona in grado di risolverlo… Il libro #5 della serie sarà presto disponibile!





Fiona Grace

UNA VISITA PREOCCUPANTE




UNA VISITA PREOCCUPANTE


(UN GIALLO INTIMO E LEGGERO DI LACEY DOYLE—LIBRO QUATTRO)


FIONA GRACE


VERSIONE ITALIANA


A CURA DI


ANNALISA LOVAT



Fiona Grace

Dalla penna dell'autrice esordiente Fiona Grace, arriva la serie di GIALLI INTIMI E LEGGERI DI LACEY DOYLE, che include ASSASSINIO IN VILLA (Libro #1), UNA MORTE E UN CANE (Libro #2), I CINQUE DEL SALOTTO (Libro #3), UNA VISITA PREOCCUPANTE (Libro #4), e UCCISO CON UN BACIO (Libro #5). Fiona Grace ГЁ anche l'autrice della serie di GIALLI INTIMI E LEGGERI TRA I VIGNETI DELLA TOSCANA.



Fiona da molta importanza al rapporto con i lettori, visitate www.fionagraceauthor.com per ricevere ebook gratuiti e scoprire le ultime novitГ  sulle pubblicazioni, o magari anche solo per un saluto.








Copyright © 2020 Fiona Grace. Tutti i diritti riservati. Ad eccezione di quanto consentito dalla legge sul diritto d’autore degli Stati Uniti del 1976, nessuna parte della presente pubblicazione può essere riprodotta, distribuita o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, né archiviata in un database o un sistema di recupero senza previa autorizzazione dell'autore. La licenza di questo ebook è concessa solo ad uso personale. Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone. Se si desidera condividere questo libro con un'altra persona, si prega di acquistare una copia aggiuntiva per ciascun destinatario. Se state leggendo questo libro senza averlo acquistato, oppure senza che qualcuno lo abbia acquistato per voi, siete pregati di restituire questa copia e acquistarne un'altra. Vi ringraziamo per il rispetto nei confronti del duro lavoro dell'autore. Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, attività commerciali, aziende, società, luoghi, eventi e fatti sono il prodotto dell'immaginazione dell'autore, oppure sono utilizzati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza a persone reali, vive o morte, è del tutto casuale. Il Copyright dell'immagine di copertina Kishivan, concesso su licenza di Shutterstock.com.



LIBRI DI FIONA GRACE


UN MISTERO AVVOLGENTE TRA I VIGNETI DELLA TOSCANA

INVECCHIATO PER UN OMICIDIO (Libro #1)

BARRICATO PER LA MORTE (Libro #2)

AFFINATO PER IL CAOS (Libro #3)


UN GIALLO INTIMO E LEGGERO DI LACEY DOYLE

ASSASSINIO IN VILLA (Libro #1)

UNA MORTE E UN CANE (Libro #2)

I CINQUE DEL SALOTTO (Libro #3)

UNA VISITA PREOCCUPANTE (Libro #4)




CAPITOLO UNO


“Come sta andando lassù?” chiese Lacey frettolosamente, sbirciando oltre i piedi di Gina, lungo i pioli della scala di metallo.

Le due donne erano nel negozio di antiquariato di Lacey e stavano disponendo un mucchio di orribili marionette che Gina aveva trovato in magazzino e che aveva insistito che sarebbero andate �vendute come dolci’. E nonostante fosse una ventina d’anni più vecchia di Lacey, Gina si era anche presa la briga di arrampicarsi sulla scala per andarle ad appendere tra le travi del soffitto.

“Ho addosso sessantacinque anni di giovinezza, signorinella,” disse a Lacey, che era rimasta di sotto, impossibilitata a fare qualsiasi cosa se non tenerle la scala ferma. “Non sono ancora una fragile vecchietta.”

Improvvisamente, un’inquietante marionetta di legno dondolò verso il basso, facendo sobbalzare Lacey. Aveva le sembianze di un uomo grottesco con il naso adunco e un cappello da giullare, e ora penzolava sopra alla sua testa con il suo sorriso malvagio. Lacey rabbrividì, mettendo mentalmente in questione la capacità di giudizio di Gina. Chi mai sulla faccia della terra avrebbe voluto comprare una cosa di così sgradevole aspetto?

“Allora?” chiese la voce emozionata di Gina dall’alto della scala. “Non hai ancora scoperto dove ti porterà Tom per la vostra fuga romantica?”

Le guance di Lacey si imporporarono quando sentì nominare il suo innamorato. Tom aveva recentemente annunciato che l’avrebbe portata a fare una vacanza romantica, e le stava mandando degli indizi fotografici ogni giorno per aiutarla a indovinare dove. L’ultima foto era stata quella di una scoscesa scogliera bianca con alle spalle un meraviglioso cielo blu.

“Da qualche parte vicino al mare,” rispose Lacey sognante.

Ovunque fosse, sembrava assolutamente idilliaco. Ma per quanto le importava, poteva anche essere il posto più desolato sulla faccia della terra: lei avrebbe comunque accettato con gioia quella pausa. Dire che si meritava un po’ di tempo libero era un eufemismo. Da quando aveva aperto il suo negozio di antiquariato nella cittadina balneare di Wilfordshire, in Inghilterra, le uniche volte in cui aveva avuto una cosa come due giorni consecutivi senza lavoro erano state per indagare su orrendi omicidi. Quello non contava effettivamente come vacanza, poco ma sicuro!

Proprio allora, un’altra marionetta scese verso il basso, sospesa al suo filo, sopra alla testa di Lacey, risvegliandola così dal suo sogno a occhi aperti. Questa aveva le sembianze di una corpulenta cameriera con fiocco e grembiule. Aveva la stessa faccia grottesca della prima. Lacey arricciò il naso per il disgusto.

“Mi puoi ripetere chi ha avuto l’idea di attaccare questi affari orribili al soffitto?” chiese. “Non so quanto apprezzerò il fatto che mi stiano a guardare tutto il giorno dall’alto.”

Da sopra, Gina ridacchiò. “Ti prometto che le venderemo velocemente. Punch e Judy sono un’istituzione qui in Inghilterra. Non posso credere che tu le abbia tenute nascoste in una scatola tanto a lungo! Almeno le abbiamo tirate fuori giusto in tempo per la calca estiva.”

Lacey non poteva capacitarsi di come quelle brutte marionette potessero considerarsi un’attrattiva, ma su questo si fidava di Gina. In quanto nata e cresciuta a New York, spesso Lacey non capiva le stranezze della cultura inglese.

“Allora, quali erano gli altri indizi?” chiese Gina dall’alto. “Voglio andare a fondo in questo mistero!”

Tenendo la scala con una mano, Lacey usò l’altra per recuperare il suo cellulare dalla tasca dei jeans. Fece scorrere le immagini con il pollice.

“Un castello,” disse. “Un uccello… forse un uccello azzurro, simile a un tordo? Un panino! Una foto in bianco e nero di una signora con in mano uno di quei microfoni anni Quaranta. E un imperatore romano.”

“Un imperatore romano?” ripeté Gina sorpresa. “Magari ti porta in Italia!”

“In Italia? Non è che sia esattamente famosa per i suoi panini, no?” disse Lacey con sarcasmo prima che un’altra marionetta calasse al suo posto, finendo con il suo ghigno proprio davanti alla sua faccia. Questo era un inquietante pagliaccio con vivaci riccioli arancioni. La vernice un po’ scrostata lo faceva apparire ancora più spaventoso. Lacey rabbrividì.

“Attenta con quel sarcasmo, signorina,” le disse Gina. “Vedo che il nostro umorismo inglese si sta impadronendo di te.”

“E comunque sarà una vacanza qui nei paraggi,” continuò Lacey. “Quindi sarà di certo da qualche parte in Ingh… ah!”

Gina aveva lasciato andare un’altra delle sue marionette, solo che questa aveva colpito Lacey dritto in testa. La spostò con una manata e si trovò a guardare in faccia un agente di polizia che sorrideva minacciosamente e teneva un manganello nella sua stupida mano da marionetta. Lacey pensò immediatamente al sovrintendente Turner del Dipartimento di Polizia di Wilfordshire, un uomo con il quale sperava sinceramente di non dover più avere a che fare nel prossimo futuro.

“Quante ne hai ancora là sopra di queste cose orribili?” gridò Lacey, massaggiandosi la testa dolorante.

“Questa era l’ultima,” rispose Gina allegramente, ignara di ciò che era successo di sotto. La scala scricchiolò sotto al suo peso mentre lei scendeva. Quando raggiunse il fondo sana e salva, guardò Lacey in faccia. “Purtroppo non hai la marionetta del cane, e il filo delle salsicce si è staccato.”

SollevГІ le finte salsicce. Lacey non voleva neanche sapere che roba fosse.

“Fammi vedere queste fotine allora,” disse Gina, allungando la testa per sbirciare l’immagine sullo schermo del cellulare di Lacey.

Lacey le mostrГІ le immagini scorrendole con il pollice.

“Oh!” esclamò all’improvviso Gina. “Perché non mi hai detto che erano scogliere bianche? Tesoro, andrai a Dover!”

E detto questo, si lanciГІ un una canzone. La sua voce acuta e squillante riecheggiГІ in tutto il negozio, raggiungendo le travi del soffitto. Lacey contorse il viso in una smorfia.

“There’ll be bluebirds over – ironia vuole, ovviamente, che gli uccelli azzurri non siano originari dell’Inghilterra”, aggiunse frettolosamente, prima di lanciarsi nel verso successivo della canzone, “– the white cliffs of Dover.” Riprese poi il discorso: “La devi conoscere questa canzone! È un vecchio classico dei tempi della guerra.”

“Conosco la canzone,” disse Lacey. Poi schioccò le dita. “La foto in bianco e nero della cantante con il vecchio microfono!” Fece scorrere le immagini sul telefono e la mostrò a Gina.

“Oh sì! Questa è Vera Lynn, giusto,” confermò la donna annuendo.

Gli uccelli azzurri. Le scogliere. L’imperatore romano.

“Tom mi porterà a Dover,” disse Lacey con grande meraviglia.

“Che affascinante,” commentò Gina, dandole una giocosa gomitata nelle costole.

Lacey si sentiva tutto il corpo pervaso da un brivido di emozione. Era giГ  stata di per sГ© contenta di quella romantica fuga segreta. Poi Tom aveva iniziano a imboccarla con dei piccoli indizi sulla loro meta e il suo entusiasmo era man mano cresciuto. Ora che aveva scoperto dove sarebbero effettivamente andati, era davvero deliziata.

Gli mandò rapidamente un messaggio: “Ho capito!” e guardò attraverso la vetrina del negozio, verso la sua pasticceria dall’altra parte della strada, vedendolo prendere il telefono e iniziare a ridere.

Ma proprio mentre Lacey stava guardando il suo innamorato attraverso la finestra, una figura si portò improvvisamente davanti a lei, rovinandole la visuale. Quando si rese conto di chi la stava fissando, l’eccitazione che aveva provato solo pochi istanti prima la abbandonò in un colpo solo, come una candela improvvisamente spenta da una folata d’aria. L’emozione fu sostituita invece da un inquietante sensazione di timore. Taryn.

La proprietaria della boutique della porta accanto era sempre pronta a impicciarsi nella vita di Lacey, nel tentativo di farla andare via dalla città. Perché avesse un tale senso di astio nei suoi confronti, Lacey non l’aveva mai capito del tutto, a parte l’ovvio fatto che la donna era uscita con Tom per un breve periodo diversi mesi prima. Era molto probabile però che fosse gelosa del suo successo, o che nutrisse dei forti pregiudizi nei confronti di un’americana che secondo lei andava a rovinare la loro via principale, altrimenti perfettamente britannica. Probabilmente erano un po’ tutte quelle motivazioni messe insieme.

Il campanello del negozio suonГІ con forza mentre Taryn entrava in fretta e furia e attraversava il pavimento di legno con i suoi tacchi a spillo neri e il suo solito tubino addosso. Le sue spalle spigolose e ossute erano scoperte.

“Oh, guarda, ci sono i Grim Reaper,” mormorò Gina sottovoce, mentre tutte e due guardavano Taryn che si teneva a debita distanza dalla loro collezione di brutte marionette, facendo una faccia disgustata e quasi calpestando Chester, il cane. Il pastore inglese mugolò contrariato per essere stato improvvisamente ridestato dal suo torpore. Poi riabbassò il muso a terra e se lo coprì con le zampe anteriori, cosa che avrebbe fatto molto volentieri anche Lacey, se le convenzioni sociali lo permettessero.

La donna, totalmente accigliata, si fermГІ bruscamente di fronte a Lacey e Gina.

“Come posso aiutarti, Taryn?” chiese Lacey con voce sommessa e in nervosa attesa.

“Sei consapevole del fatto,” iniziò Taryn con arroganza, “che un PICCIONE ha fatto il NIDO sopra alla tua porta? Il suo costante cinguettio mi sta facendo impazzire! Devi chiamare la disinfestazione. SUBITO.”

“Prima cosa, non è un piccione,” ribatté Lacey.

“Si chiama Martina,” aggiunse Gina con tono di scherno.

Lo sguardo di pietra di Taryn si spostò da una donna all’altra. Incrociò le braccia. “Avete dato un nome a un piccione?”

“Te l’ho detto,” disse Lacey. “Non è un piccione. È un balestruccio.”

“E Martina è un nome perfetto per un balestruccio,” disse Gina, offrendo il suo pieno supporto a Lacey.

“Ha fatto tutto il tragitto in volo dall’Africa per venire a crescere i suoi piccolo sopra la porta del mio negozio,” aggiunse Lacey.

“E siamo entrambe onorate di averla qui,” concluse Gina, terminando così la loro performance a due.

Lacey faceva fatica a trattenere le risate.

Taryn sembrava furiosa. Le sue narici erano dilatate. “Se non ve ne sbarazzate, la disinfestazione la chiamo io,” minacciò a denti stretti.

Gina ridacchiò. “Non penso che troverai niente di utile al riguardo, mia cara. Nessuno sarà disposto a rimuovere un nido durante il periodo della cova!”

Sembrava che a Taryn stessero per esplodere le vene in corpo. “E quando finisce questo periodo della cova?” chiese a denti stretti.

“Novembre, suppergiù,” disse Gina.

Taryn serro la mandibola con furia. “Tipico!” tuonò, prima di ruotare sui tacchi e partire, andando a sbattere contro le marionette. Lanciò un urlo e se le sbatté via dalla faccia. Con un’ultima occhiataccia verso Lacey e Gina, uscì di gran carriera da dove era venuta.

Nel momento in cui se ne fu andata, Lacey e Gina scoppiarono a ridere. Lacey rise così forte che le lacrime le scorrevano lungo le guance.

“Non c’è mai un momento di tregua,” disse, asciugandosi gli occhi. Ma poi esitò. “Aspetta un minuto. Chester non ha ringhiato a Taryn.”

Normalmente, il suo pastore inglese emetteva un sommesso brontolio per tutto il tempo che Taryn era in sua presenza. Dato che le era arrivato insieme al negozio, a dire il vero conosceva Taryn da molto prima di lei, e tra i due c’era ancora più astio che tra lei e la donna! Chester trattava Taryn come se fosse la sua versione di Crudelia de Mon.

“Forse adesso non gli dà più fastidio?” suggerì Gina, passandosi la manica sotto agli occhiali rossi fiammeggianti per asciugarsi a sua volta le lacrime.

Lacey non era convinta. “Ne dubito fortemente. Cioè, lo ha praticamente quasi pestato! No, c’è dell’altro.”

Si avvicinГІ velocemente a Chester e gli spostГІ delicatamente le zampe da sopra la testa. Lui parve notarlo appena, quindi Lacey gli sollevГІ il muso, tenendogli una mano sotto al mento. Era pesante, come se il cane fosse troppo debole per tenersi su da sГ©. Quando lo guardГІ negli occhi, Lacey vide che li aveva umidi e arrossati. Il cane mugolГІ sommessamente.

“Oh, tesoro,” gli disse, il cuore che le si fermava quasi nel petto. “Sei malato?”

Chester gemette come a voler confermare i suoi sospetti e lo stomaco di Lacey si strinse per la preoccupazione.

“Gina, sarà meglio che lo porti dal veterinario,” disse frettolosamente, voltandosi a guardare l’amica. “Te la cavi da sola con il negozio?”

“Certo,” disse Gina facendo un gesto di noncuranza con la mano. “Nessun problema, come sempre.”

Lacey mise il guinzaglio a Chester e lo accompagnГІ fuori dal negozio, la mente colma di preoccupazione per il suo povero amico peloso ora malato.




CAPITOLO DUE


“Chester!” esclamò la donna alla reception.

Lacey aveva passato un breve ma ansioso periodo d’attesa nella sala d’aspetto del migliore studio veterinario di Wilfordshire, dopo aver percorso a tutta velocità, con la sua malconcia auto di seconda mano, le contorte stradine di acciottolato che vi conducevano.

Si alzò dalla scomoda sedia di plastica e diede al guinzaglio di Chester una leggera tiratina. Lui sbuffò scocciato – decisamente una cosa non da lui, notò Lacey con ulteriore ansia – e la seguì trascinandosi a fatica nella stanza.

La veterinaria, Lakshmi, sollevГІ lo sguardo quando entrarono. Era una donna asiatica di bassa statura, che quasi scompariva nel suo camice verde. I tratti infantili del suo volto la facevano apparire troppo giovane per aver completato il percorso di studio richiesto dalla sua professione.

“Santo cielo,” esclamò dopo aver dato una semplice occhiata alla figura arrancante di Chester. “Cosa succede qui?”

Lacey deglutì in totale apprensione mentre Chester saliva obbediente sul tavolo per farsi esaminare. “Non è lui,” spiegò. “Sembra estremamente sonnolento. È come se avesse perso il suo solito brio.”

Lakshmi iniziò a dargli un’occhiata, mettendogli un termometro nell’orecchio, osservandogli gli occhi con una piccola torcia in miniatura. Chester si fece fare, evidentemente a suo agio con quello che Lakshmi stava facendo, oppure troppo stanco per tentare di opporre resistenza.

“Penso che qualcuno stia soffrendo di un caso di influenza canina,” disse Lakshmi, spegnendo la torcia e rimettendola nel taschino del camice. “Hai altri animali a casa?”

“Non a casa, ma lui passa quasi tutto il giorno con la sua migliore amica Boudicca,” spiegò Lacey. Poi si affrettò a chiarire: “Che è un cane anche lei.”

“Bene, in questo caso potrebbe essere una buona idea tenerlo qui per evitare che possa contagiarla. Lo posso tenere sotto stretta osservazione e prescrivergli dei diuretici per prevenire la disidratazione.”

Lacey si sentì spezzare a metà il cuore. Il suo povero cucciolo!

“Ma non ho mai passato una notte senza di lui da quando ce l’ho,” disse tristemente.

I tratti del viso di Lakshmi si ammorbidirono in segno di comprensione. “Puoi venirlo a trovare ogni volta che vuoi. In effetti, ti incoraggio a farlo. Vedere un volto noto può davvero aiutare a ridurre il livello di stress.”

Lacey si morse il labbro. Il pensiero di Chester rinchiuso in una delle gabbie là fuori, tutto solo e confuso, stava iniziando a renderla ansiosa. “Per quanto dovrà restare qui?” chiese.

“L’influenza canina è un po’ come quella umana,” spiegò Lakshmi. “Quindi potrebbe durare anche due settimane.

“Due settimane!?” esclamò Lacey. Poteva sentire un nodo di dolore in gola.

“So che sarà dura,” disse Lakshmi con gentilezza, “ma è per il meglio. Sarà in buone mani. Vuoi procedere e firmare il ricovero?” Le porse una cartellina sulla quale era pinzato un modulo rosa e le fece un cenno di incoraggiamento.

Nonostante l’agonizzante dolore al petto, Lacey prese la penna e firmò sulla riga tratteggiata. Poi abbassò il volto tra il pelo arruffato del collo di Chester, lasciando discretamente cadere le proprie lacrime tra la sua pelliccia.

“Andrà tutto bene, amico,” gli mormorò.

Chester mugolГІ tristemente.

Poi Lacey si raddrizzò e uscì velocemente dallo studio veterinario prima di cedere completamente. Solo quando fu al sicuro in auto permise alle sue lacrime di scendere liberamente.

Chester era stato al suo fianco ogni singolo giorno da quando si era trasferita a Wilfordshire. Era la sua ombra. La sua metГ . Il suo compagno di merende. No, il suo braccio destro nel risolvere i crimini. Come avrebbe fatto a gestire due settimane senza la sua confortante presenza al proprio fianco?

“Oh no!” esclamò all’improvviso sussultando. Tra due giorni avrebbe dovuto partire per la sua fuga segreta con Tom. Ora non avrebbe più potuto andarci. Lakshmi le aveva detto che delle visite frequenti da parte di qualcuno di familiare avrebbero aiutato Chester a gestire lo stress. Non poteva lasciarlo in questo momento di bisogno. Era davvero delusa e amareggiata: aveva aspettato con tanta trepidazione questa pausa romantica insieme a Tom.

Con un profondo sospiro di tristezza, Lacey prese il cellulare dalla borsa in modo da poterlo chiamare e dargli la notizia. Ma prima di poterlo fare, notГІ un messaggio che le era arrivato da Xavier Santino.

Esitò, corrucciando le labbra costernata. Lo spagnolo era un suo contatto del mondo dell’antiquariato. Affermava di aver conosciuto il suo padre scomparso, Francis. Ma ipotizzando che dietro ai tentativi dell’uomo di restare in contatto con lei c’erano altre motivazioni più romantiche, Lacey aveva suggerito di allentare un po’ le loro comunicazioni. A quel punto Xavier le aveva risposto sostenendo di sapere dove si trovasse Francis. Lacey aveva riflettuto per ore se rispondere o meno. Non poteva essere certa che l’uomo non stesse solo usando suo padre come esca per attirarla a sé. Alla fine l’attrattiva si era rivelata troppo forte per potervi resistere. Il mistero della scomparsa di suo padre era come un enorme nuvolone nero che stava sospeso su di lei ovunque andasse. Ogni pista sembrava una cima di salvataggio, anche se in questo modo stava dando il benvenuto nella propria vita a ulteriori possibili problemi. E quindi aveva mantenuto il contatto con Xavier, che le aveva fornito il successivo criptico pezzo del puzzle: Canterbury. A quanto pareva suo padre era stato avvistato piuttosto recentemente nella cittadina inglese di Canterbury…

Lacey non aveva avuto idea di come elaborare quella notizia. Per anni si era rigirata nella testa almeno cento diversi possibili scenari. A volte trovava conforto nell’idea che lui fosse morto poco dopo aver lasciato, senza alcuna spiegazione, la sua famiglia, e che non aveva realmente deciso di andarsene, o che magari stava addirittura tornando a casa quando era successo. Poi, non appena si era messa il cuore in pace con l’idea che fosse morto, la sua testa cambiava corsia e le diceva invece che aveva deciso di scappare perché non sopportava sua moglie, Shirley, e le sue figlie, lei e Naomi. La verità era che, anche se nessuna risposta sarebbe mai stata soddisfacente, qualsiasi risposta era pur sempre meglio che niente.

Prima di aprire il messaggio di Xavier, Lacey cercò di ricordare quale domanda da parte sua avesse potuto indurlo a scriverle. Quanto recentemente? Sì, quello era stato l’ultimo messaggio che lei gli aveva inviato. Perché c’era una grossa differenza tra un avvistamento vecchio di dieci anni o accaduto l’anno scorso, anche se entrambi l’avrebbero gettata in un vortice da cui non era certa di come sarebbe uscita.

Si preparò mentalmente e premette il piccolo simbolo a forma di busta. Le parole Non lo so riempirono lo schermo. Lacey si sentì svuotata. Alla fine sembrava che Xavier l’avesse solo illusa.

Amareggiata e delusa, uscì dalla schermata, solo per accorgersi che c’era una fervente attività nel gruppo di messaggistica che condivideva con sua madre e la sorella più giovane. C’erano una dozzina di luminosi avvisi di notifica che reclamavano la sua attenzione. Sua madre e sua sorella erano note per la loro vena melodrammatica, ma questo non impediva a Lacey di temere sempre per il peggio.

Aprì la app e vide che tutte le notifiche riguardavano messaggi di Naomi. Sembrava aver inviato una raffica di domande. Domande molto strane…

Quanto dista Wilfordshire dalla Scozia?

In Inghilterra c’è una stagione dei monsoni?

Ci sono le zanzare in estate?

Lacey socchiuse gli occhi, le sopracciglia ancora umide di lacrime. Era profondamente perplessa. Perché Naomi era così improvvisamente e stranamente interessata al Regno Unito?

Rispose:

La Scozia ГЁ a 500 miglia da qui.

Non ci sono monsoni, ma piove un sacco.

Sì, ci sono zanzare.

Poi aggiunse alla fine:

Va tutto bene?

La risposta di Naomi fu immediata. Era come se la sorella fosse stata lì con il telefono davanti agli occhi ad aspettare la risposta di Lacey alla sua bizzarra lista di domande.

Ci sono montagne a Wilfordshire?

Lacey alzò le mani in aria, frustrata. Ma di cosa diavolo stava blaterando Naomi? Perché quell’improvvisa curiosità?

No, le rispose. Ci sono scogliere. PerchГ© lo chiedi?

Lacey non poté fare a meno di chiedersi se Naomi avesse scoperto qualche genere di pista riguardante loro padre – la foto di una montagna piovosa, per esempio – ma forse quello era solo un pensiero alimentato dalle sue speranze. Naomi, di suo, preferiva fingere che loro padre non fosse mai esistito. Era molto più probabile che sua sorella stesse partecipando a un quiz per beneficienza al pub.

Il suo telefono continuГІ a trillare e vibrare, man mano che altre strane domande arrivavano da parte di Naomi. Lacey sospirГІ e mise via il cellulare. Era stata una breve distrazione dal dolore per Chester, ma non poteva stare tutto il giorno nel parcheggio del veterinario: aveva un negozio da mandare avanti.

Lacey tornГІ al suo negozio ed entrГІ.

Gina diede un’occhiata al suo volto rigato di lacrime ed esclamò: “Hanno soppresso Chester!”

“No!” esclamò Lacey. “Sta male. Deve stare per un po’ sotto osservazione dal veterinario.”

Gina si portò una mano al petto. “Grazie al cielo. Mi hai spaventata.”

Lacey si lasciò cadere sulla sedia dietro al bancone, affondando la testa tra le mani. Fu solo allora che si rese conto che i messaggi di Naomi l’avevano completamente distratta dal chiamare Tom e cancellare il viaggio a Dover. Guardò fuori dalla vetrina, in direzione della pasticceria dall’altra parte della strada, osservandolo mentre si muoveva indaffarato nel suo negozio. Sorrise mestamente. Aveva voluto così tanto passare una breve vacanza romantica con lui.

“Adesso dovrò cancellare il viaggio a Dover,” disse Lacey con un profondo sospiro. “Non posso abbandonare Chester mentre è malato. Lakshmi ha detto che delle visite gli farebbero bene.”

“Posso andare io a trovarlo,” le disse Gina.

Lacey esitò. Sollevò la testa e incrociò lo sguardo di Gina. Poi scosse la testa. “Non potrei chiederti di fare una cosa del genere. Fai già così tanto.”

“Esatto. Cosa vuoi che sia un’altra commissione da aggiungere alla lista?”

Lacey era reticente. A volte aveva l’impressione di caricare Gina di troppe responsabilità e richieste. Non aveva la minima intenzione di diventare il genere di boss che si aspetta dai suoi dipendenti un comportamento da soldatini, proprio come era stata la sua severa capa a New York.

Scosse di nuovo la testa. “No. Non sarebbe giusto. Non puoi stare dietro al negozio, prenderti cura di Boudicca e andare a controllare Chester ogni giorno.”

“E tu non puoi continuare a lavorare tutti i giorni senza una pausa,” contestò l’amica. Si mise le mani sui fianchi e la guardò con espressione severa. “Quand’è stata l’ultima volta che ti sei presa un giorno libero?”

Lacey iniziГІ a calcolare mentalmente, ma Gina la interruppe prima che potesse arrivare alla risposta.

“Esatto!” esclamò la donna. “Non riesci neanche a ricordarti quand’è stato, da tanto tempo è passato. Senti, signorinella, ti ordino di andare a fare il tuo viaggio. Se non ci vai, io mi licenzio.”

Lacey sentì un debole sorriso incurvarle le labbra. Dove sarebbe stata se non avesse trovato Gina? “Ti porterò un regalo di ringraziamento,” le disse docilmente.

“Non serve!” tuonò lei con tono plateale. “Il tuo regalo sarà vederti tornare rilassata e felice.”

“Sono stata piuttosto nervosa ultimamente, vero?”

Gina annuì con decisione.

Lacey riflettГ© che erano successe un sacco di cose da quando si era trasferita in Inghilterra. Anche se la maggior parte di queste erano state positive, quel bene si era mescolato con un sacco di aspetti negativi. E tutto aveva lasciato un certo segno su di lei. Lacey aveva bisogno di premere il pulsante reset, ripulire la mente dalle ragnatele.

“Davvero non ti dà fastidio?” le chiese.

Gina si mise una mano sul cuore. “Sinceramente, al cento per cento: non mi dà fastidio.”

Lacey provГІ uno slancio di gioia. SaltГІ in piedi dalla sedia e fece cenno a Gina di avvicinarsi al bancone, in modo da poterla abbracciare. Ma prima che potesse farlo, il campanello sopra alla porta suonГІ, annunciando un qualche cliente. Voci americane molto forti riempirono il negozio.

Voci americane molto forti e molto familiari…

La testa di Lacey si girò di scatto verso la porta. Da lì stavano entrando nel suo negozio di antiquariato nientemeno che sua sorella Naomi, suo nipote Frankie… e sua madre.




CAPITOLO TRE


Lacey sbatté le palpebre. Di certo era un’allucinazione. Ma quando il suo nipotino dai capelli ramati gridò “Zia Lacey!” non ci fu più alcun dubbio. Sua madre, sua sorella e suo nipote erano davvero lì! A Wilfordshire! Nel suo negozio!

Gina si voltò a guardarla e la sua bocca formò una perfetta O di sorpresa. “Lacey? È la tua famiglia?”

Aveva gli occhi sgranati dietro ai suoi spessi occhiali dalla montatura rossa. Ma Lacey era troppo stupefatta per poter rispondere. Tutto quello che riusciva a fare era restare a fissare la scena.

Come avevano fatto ad arrivare qui? PerchГ© erano qui?

Il pesante tonfo dello zaino che Frankie aveva appena fatto cadere a terra la risvegliГІ di colpo dalle sue considerazioni. Il bambino le si lanciГІ incontro di corsa.

Era cresciuto di almeno 10 centimetri da quando Lacey l’aveva visto l’ultima volta e ora aveva un sorriso maturo che trasformava il suo volto di bambino in quello di un ragazzo.

“Sorpresa!” esclamò mentre le andava a sbattere contro così forte da lasciarla senza fiato. Le strinse le braccia attorno alla vita come le spire di un pitone.

“Cosa ci fate qui?” balbettò Lacey, mentre accarezzava i suoi riccioli rossicci.

“Punti miglia,” disse Naomi, sollevando una valigia molto grossa e strapiena. Era vestita secondo la moda di quell’estate, con un vestito lungo colorato e un giacchino in jeans, il tutto completato da delicati gioielli in oro rosato. Lacey si sentì subito tesa per la mise casual che invece indossava lei: Naomi tendeva ad essere piuttosto critica in materia di aspetto.

Accanto a Naomi c’era Shirley, la madre di Lacey, con un grosso borsone a motivo floreale, apparentemente pronta a scattare da un momento all’altro. Vedendola, Lacey si innervosì immediatamente.

“Ho tirato su un sacco di miglia,” spiegò Shirley, spingendosi gli occhiali da sole in cima alla testa. “Frankie aveva una voglia matta di visitare la Scozia, quindi abbiamo pensato di venirti a trovare strada facendo.”

Mentre quella cozza di Frankie si staccava da Lacey e iniziava a esplorare il negozio, lei aggrotto la fronte confusa. “Ma la Scozia è un paese del tutto diverso! Letteralmente a centinaia di chilometri in quella direzione.” Indicò fuori dalla finestra, dalla parte opposta dell’oceano.

“Questo lo sappiamo,” ribatté Shirley, il tono subito offeso dall’insinuazione di Lacey. “Ma costava meno volare in Inghilterra per fare scalo che andare diretti lì.”

“Siamo solo di passaggio,” aggiunse Naomi. “Siamo diretti a Edimburgo.”

Lacey non poté che sentirsi sollevata che la loro visita fosse breve. “Quanto tempo avete di scalo, allora?” chiese.

Shirley, che stava sbirciando uno scaffale di ceramiche, rispose distrattamente. “Cinque giorni.”

“Giorni? Ore intendi,” la corresse.

Shirley si voltò verso di lei. “No, cinque giorni,” disse con totale ovvietà.

Tutta l’aria contenuta nei polmoni di Lacey uscì in un improvviso sbuffo. Quasi si strozzò per lo shock. Cinque giorni? CINQUE GIORNI? Che genere di scalo durava cinque giorni? Come li avrebbe intrattenuti? E il suo weekend lungo a Dover con Tom? La loro piccola fuga romantica cadeva proprio nel mezzo dell’imprevista visita della sua famiglia! Certo non poteva mollarli tutti lì, ora che avevano fatto tutta quella strada per venire a trovarla.

“All’inizio non ne ero sicura,” disse Naomi, continuando la storia da dove Shirley l’aveva lasciata. “Dato che una deviazione di cinque giorni in una vacanza di dieci mi sembrava poco conveniente. Ma poi la mamma ha suggerito di venire qui e farti una sorpresa. Molto meglio che passare cinque giorni nell’hotel di un aeroporto!”

Rise, ma Lacey non riuscì a fare neppure un sorriso. Per loro era meglio, sicuro, ma non lo era certo per lei! Tutto quello che avevano fatto era stato spostare l’inconveniente sulle sue spalle. E non avevano idea dell’impatto che avrebbe avuto la loro decisione.

“Avreste dovuto chiamare, o controllare, o qualcosa del genere,” disse Lacey nel più totale panico. “Non ho avuto il tempo di preparare nulla.”

“Cosa devi preparare?” chiese Shirley.

“La mia casa,” disse lei rapidamente. Si stava in realtà riferendo ai preparativi emotivi di cui solitamente aveva bisogno prima di passare del tempo con la sua famiglia, ma certo non serviva che loro lo sapessero. “Dove vi metto? Ho solo una camera in più!”

“Cavolo,” disse Naomi, distogliendo lo sguardo dallo scaffale pieno di statuine che stava oziosamente scrutando. “Possiamo prendere un hotel, se serve. Sul serio, pensavo che saresti stata più felice di vederci.”

“Sono felice,” disse Lacey velocemente, anche se il suo tono carico di stress non suonava per niente convincente. “Sono solo stata presa alla sprovvista. È difficile farsi una ragione del fatto che siete tutti improvvisamente qui. Cinque minuti fa mi stavi mandando messaggi sul tempo e sulle montagne, e…”

Si fermò vedendo sua sorella che sorrideva e ammiccava con le sopracciglia. Alla fine Lacey capì a cosa si stava realmente riferendo la sorella in quei messaggi. Stava alludendo al loro imminente arrivo! Ma lei era troppo concentrata sulla situazione con Chester in quel momento, e non se n’era per niente accorta.

Lacey scoppiГІ a ridere e la bonarietГ  della situazione la aiutГІ finalmente a superare lo shock. Si avvicinГІ a sua madre e sua sorella e le abbracciГІ entrambe.

“Benvenute!” esclamò, con l’ospitalità che probabilità si aspettavano da lei fin dall’inizio.

“Questo è Chester?” chiese Frankie. Si era accucciato accanto a Boudicca e la stava accarezzando.

“Chester è dal veterinario,” spiegò Lacey. “Quella è la cagnolina di Gina, Boudicca.”

“Boudicca?” esclamò Frankie entusiasta, guardando Gina. “Come la regina guerriera celtica?”

“Ma sì! Giusto!” esclamò Gina guardando il ragazzino con occhi stupiti. “Come fai a saperlo?”

Frankie indicГІ i suoi ricci rossi e sorrise.

“È ossessionato da chiunque abbia i capelli rossi,” spiegò Naomi, con il tono di una madre che è arrivata al limite della propria pazienza con le fissazioni del figlio. “Ha deciso di studiare e scoprire di più su qualsiasi personaggio storico con i capelli rossi.”

“Ne conosco anche un sacco di britannici,” si vantò Frankie. “La regina Elisabetta I. Re Enrico VIII. Ron Weasley.”

Lacey ridacchiò. “Non sono sicura che si possa contare Ron Weasley come personaggio storico,” iniziò a dire, ma il suono del campanello sopra alla porta richiamò la loro attenzione.

Per un breve momento, Lacey fu felice della tregua fornitale da un cliente. Un paio di minuti di normalitГ  le sarebbero stati utili per ricalibrare il cervello e digerire quella strana nuova realtГ .

Ma quando vide chi era stato annunciato dal tintinnio, il suo stomaco le sprofondГІ sotto ai piedi.

Tom.

Cosa ci fa qui?! pensГІ disperatamente Lacey, ancora una volta pervasa dal panico. Non era pronta a presentarlo a sua madre!

Di questi giorni Tom era troppo occupato per passare a trovarla al lavoro. La stagione estiva portava tantissimi turisti a Wilfordshire, e dopo che la sua precedente assistente Lucia si era licenziata per lavorare al Lodge B&B, Tom sembrava non avere mai un secondo libero. Ma ora, nel peggiore dei momenti, era venuto a trovarla!

“Giorno,” disse Tom entrando, tutto occhi luccicanti e sorriso malizioso.

“Oooh,” disse Naomi sottovoce. L’espressione nei suoi occhi si era improvvisamente trasformata in quella di un predatore che punta lo sguardo sulla sua preda. “Salve, signor Meraviglia.”

Ovviamente quella mangiatrice di uomini di sua sorella non poteva lasciarsi sfuggire una bellezza come Tom.

Lui andГІ dritto verso Lacey e le schioccГІ un bacio sulla guancia. Lacey rimase impietrita, come a volersi preparare per un impatto.

Naomi sgranГІ gli occhi. Shirley li socchiuse. Frankie fece una smorfia disgustata.

“Bleah!” esclamò. “La zia Lacey ha un fidanzato.”

Tom la guardò accigliandosi. “Zia?” Poi sgranò gli occhi, comprendendo la situazione. “Lacey, questa è la tua famiglia?”

Prima che lei potesse rispondere, Naomi passГІ avanti e gli tese la mano.

“Sono Naomi, la sorella più giovane e simpatica. E tu devi essere Tom.” Disse il tutto con una voce sensuale che la faceva sembrare un gatto che fa le fusa.

Gli occhi di Tom scattarono di lato verso Lacey, come se fosse terrorizzato. Prese la mano di Naomi. “Bene,” disse con aria incerta. “Piacere di conoscerti.”

Naomi strinse la mano di Tom in una sorta di carezza. “Non mi avevi mai detto che era così bello,” disse a Lacey.

“Non ne ho mai avuto l’occasione,” rispose lei. “Eri troppo occupata a dare di matto dicendomi che era un santone serial killer.”

Tom ridacchiГІ nervosamente, lo sguardo che si spostava ansioso tra le due sorelle.

“Non essere sciocca,” esclamò Noemi. “Non ho mai detto niente del genere.”

Lacey ruotГІ gli occhi al cielo.

Tom cercò di liberare la mano dalla stretta di Naomi. “Lacey non mi aveva detto che sareste venuti a trovarla,” disse.

“Lacey non lo sapeva,” spiegò Naomi. “Volevamo farle una sorpresa.

“E ci siete riusciti benissimo,” commentò le sarcasticamente. Poi, rendendosi conto che il povero Tom era ancora prigioniero, disse con tono severo a sua sorella: “Puoi lasciarlo andare adesso.”

Non appena Tom si fu liberato dalla morsa della mano di Naomi, Shirley avanzò verso di lui. Era come guardare dei lupi che accerchiano un cucciolo di cerbiatto, pensò Lacey, trovando l’immagine in parte divertente.

Tom doveva essersi accorto dell’avvicinarsi di Shirley, perché sgranò ancora gli occhi. La donna teneva lo sguardo fisso su di lui, come se lo stesse curiosamente giudicando. Teneva ancora la braccia stretta attorno alla sua borsa a motivo floreale, come se fosse una sorta di scudo protettivo.

“Questa è mia mamma Shirley,” disse Lacey nervosamente, indicandogliela. La sua pazienza si stava lentamente esaurendo.

Tom parve stupefatto, proprio come era stata Lacey pochi minuti prima. Lei poteva non essere pronta a presentarlo a sua madre, ma a quanto pareva non era per niente pronto neppure lui.

“È un immenso piacere conoscerla,” disse Tom con tono gentile che mascherava lo shock sottostante.

Fece un passo avanti come a volerla salutare con un bacio, ma il fagotto che la donna teneva in mano gli impedì di avvicinarsi troppo, quindi rifece un passo indietro e le porse la mano. Shirley cercò di sistemare la borsa in modo da liberare un braccio, ma non ci riuscì, quindi Tom riportò la propria mano lungo il fianco e rimase fermo, con un sorriso timido e insicuro in volto.

Lacey non poteva che trovare divertente tutta quella scena. Almeno stava ripagando Tom con la sua stessa moneta! Magari ora capiva perché lei si fosse sentita così impacciata quando lui l’aveva presentata a sua madre, Heidi, mentre si era trovata alla stazione di polizia, sospettata per omicidio!

Shirley sorrise. “È un piacere anche per me,” disse, anche se Lacey era piuttosto sicura che la madre lo stesse mentalmente confrontando con il suo ex marito David, che Shirley ancora adorava, tanto da incontrarlo in diversi brunch.

In quel momento, Frankie apparve dietro alla nonna. “Io sono Frankie.”

“E tu da dove salti fuori?” esclamò Tom scherzosamente. Si guardò attorno in maniera esageratamente teatrale. “Siete tutti? C’è nessun altro che sta per saltare fuori dagli scaffali?”

Frankie ridacchiГІ.

“Hai un accento fantastico!” esclamò Naomi entusiasta. “Sei come l’eroe di una commedia romantica.”

Tom arrossì davanti al suo sorriso ardente. “Per quanto vi fermerete in città?” chiese. L’imbarazzo che evidentemente provava fece poco per mascherare l’immagine del goffo britannico a cui Naomi faceva riferimento. “Vi va di cenare con noi stasera?”

Inorridita, Lacey ruotò la testa di scatto per guardarlo. “Ma dovevi prepararmi una torta salata speciale!”

“È piuttosto facile da poterne fare per cinque,” disse Tom, fraintendendo completamente il suo commento. Guardò la famigliola. “Vi andrebbe di provare una torta di carne tradizionale britannica?”

“Oh sì. Tu sei uno chef, vero?” disse Naomi con la sua voce suadente. “Beh, io ho assolutamente voglia di assaggiare una delle tue delizie…”

Lacey si coprì gli occhi, sentendosi sprofondare per l’imbarazzo.

“Meraviglioso!” disse Shirley. Evidentemente l’offerta di un pasto fatto in casa era tutto ciò che bastava per eliminare il suo velo di sospetto.

“Ottimo!” disse Tom, ignaro della reticenza di Lacey. Le diede un bacio sulla guancia. “Ci vediamo alle sette. Buona giornata, signore!” Salutò poi Frankie con un leggero pugno contro pugno. “E signori.”

Uscì dal negozio e attraversò di corsa la strada, tornando alla postazione sicura della sua pasticceria. Lacey lo guardò andare, sentendo nel petto una sensazione di pesantezza per quell’improvviso invito che Tom aveva appena offerto alla sua famiglia, cancellando quindi il loro appuntamento a due.

Si voltò quindi verso la famigliola, ansiosa per la scomparsa della zona cuscinetto rappresentata fino a poco fa dal suo adorato. Non era che lei avesse un cattivo rapporto con nessuno dei suoi parenti. Solo che c’erano un sacco di cose non dette tra loro, soprattutto in relazione a suo padre. Dopo che Francis (detto anche affettuosamente Frank, al tempo) aveva improvvisamente lasciato la famiglia quando Lacey era ancora una bambina, Shirley si era rifiutata di parlare ancora di lui. E anche se Naomi aveva dato al figlio il suo nome, comunque non se ne parlava mai. In effetti nessuno aveva neanche mai espresso apertamente dei commenti sul nome del bambino. Shirley aveva immediatamente iniziato a chiamarlo Frankie – probabilmente per evitare che qualcun altro iniziasse a dargli il soprannome di Frank – e Naomi aveva semplicemente finto che quel nome le piacesse e basta. E dato che le cose non dette avevano la tendenza a gonfiarsi sempre più – come grossi buchi neri che poi inghiottono tutto e non si lasciano dietro nient’altro che antimateria – il legame madre-figlia-sorella era stato intaccato in maniera significativa.

“Allora, Lacey?” disse Shirley con tono impaziente. “Quando pensi di farci fare un giro della città?”

Frankie sembrava elettrizzato. “Sì! Un giro! Un giro! Voglio vedere le montagne!”

“Non ci sono montagne a Wilfordshire,” iniziò a dire Lacey, prima di essere interrotta dalle voci simultanee di Naomi – “Io voglio andare a bere una pinta di birra al pub” – e Shirley: “Questo posto sembra essere saltato fuori da un film.”

“Nessun giro,” esclamò Lacey, alzando le mani in segno di STOP. Ma lo disse con tono un po’ troppo forte e deciso. Tutti fecero silenzio, guardandola con espressioni abbattute.

“Ho un negozio da mandare avanti,” disse lei rapidamente, cercando di spiegarsi. “Non posso mollare tutto senza preavviso.”

“Ma certo che puoi,” disse Gina intromettendosi. “Questa mattina te ne sei andata per portare Chester dal veterinario, no?”

“Motivo in più per non lasciarti da sola un’altra volta,” disse Lacey annaspando.

“Sciocchezze,” rispose Gina. “Posso occuparmi del negozio. Sai che sono sempre felice di farlo. Te l’ho spiegato benissimo. E diciamocelo chiaramente: devi sempre assentarti per qualche imprevisto motivo. Che problema c’è se ne aggiungiamo un altro alla lista?”

Chiaramente Gina pensava di esserle d’aiuto. Non si rendeva conto che Lacey in realtà non voleva passare una giornata intera con la sua famiglia, senza essersi prima preparata psicologicamente!

“E il Lodge?” chiese alla fine, aggrappandosi disperatamente a una scusa. “Non vai a lavorare lì al giardino il pomeriggio? Non vorrai abbandonare Suzy.”

Gina rise. “Ho finito con i miei lavori al Lodge. Sono di nuovo tutta tua. E poi c’è il giardino qui che sta iniziando a dare segni di incuria. Ci sono pomodori non raccolti che stanno marcendo nell’orto, dato che qualcuno non capisce quando siano abbastanza maturi da essere raccolti,” le disse con sguardo eloquente.

“Lacey!” la rimproverò Shirley, come se lei – una residente di New York – fosse un’esperta nella coltivazione dei pomodori.

“Significa che oggi sei libera?” chiese Frankie con tono esaltato, tirandole la maglietta.

“Ha-ha,” disse lei, sforzandosi di cancellare la frustrazione che provava, per non deluderlo. “Immagino di sì…”

Un cane malato. Un’improvvisa intrusione famigliare. Le cose non stavano esattamente andando secondo programma. E ora che la sua famiglia sarebbe venuta con lei anche al suo appuntamento serale, si stava chiedendo di quanto ancora la situazione sarebbe potuta peggiorare.




CAPITOLO QUATTRO


“Possiamo entrare lì?” giunse la voce eccitata di Naomi da dietro le spalle di Lacey.

Stringendo i denti, Lacey ruotГІ di 180 gradi per guardare sua sorella in faccia.

Per ora l’allegra famigliola era arrivata alla fine della via principale senza imbattersi in persone del posto, cosa che non era stata per niente facile. Lacey aveva fatto il possibile per tenere Shirley alla larga dalla boutique di Taryn, e Frankie a debita distanza dal negozio di giocattoli di Jane, ma ora Naomi si era fermata fuori dalla Coach House Inn e stava sorridendo entusiasta.

“Avevamo detto che prima saremmo andati alla spiaggia,” le ricordò Lacey, sentendosi come un’insegnante durante una gita scolastica, intenta a tenere a bada un gruppo di discoli scolaretti, guidandoli verso la loro destinazione.

Anche se la spiaggia sarebbe stata piena di gente, vi avrebbero trovato per lo più turisti, e le loro possibilità di mescolarsi anonimamente con la folla erano molto più elevate lì. Ma se fossero entrati al Coach House, era scontato che vi avrebbero trovato qualcuno del posto. E se Brenda, la cameriera pettegola, avesse visto Lacey con la sua rumorosa famiglia americana, la notizia si sarebbe diffusa a macchia d’olio nella cittadina in un batter d’occhio. Lacey sapeva benissimo quale fosse l’accoglienza riservata agli americani in quella cittadina, e aveva lavorato sodo lei stessa per staccarsi di dosso l’etichetta da straniera.

“Ma io voglio una bella pinta di nera,” disse Naomi facendo il broncio come un bambino disobbediente.

“Nessuno la chiama così qui,” le disse Lacey, ormai esasperata. “E poi è troppo presto per l’alcool. E poi Frankie non potrebbe entrare. È troppo piccolo.”

“Davvero?” disse Naomi con tono sorpreso. “Pensavo che tutti i bambini europei bevessero vino a tavola.”

“Vino?” esclamò Frankie con eccitazione, tirando la maglietta di Lacey. “Posso bere il vino?”

Lacey scosse la testa. “Sono i bambini francesi che bevono vino. Nel Regno Unito sono severi quanto noi in materia di alcolici.”

Era un bluff. L’età per bere era di diciotto anni in Inghilterra, e i bambini potevano entrare nella maggior parte dei pub durante il giorno, se accompagnati da un adulto. Ma non era necessario che Naomi lo sapesse.

“Io voglio davvero andare in spiaggia,” disse Shirley. “È da tantissimo tempo che non vedo l’oceano.”

“Visto!” disse Lacey, cogliendo la palla al balzo. “Facciamoci una camminata sulla Promenade. Poi possiamo andare a vedere le rovine del vecchio castello.”

“È un castello scozzese?” chiese Frankie, tirando la mano di Lacey mentre riprendevano il cammino.

“Non è scozzese,” gli spiegò lei. “Siamo in Inghilterra. La Scozia è molto distante da qui. E poi cos’è tutta questa ossessione per la Scozia? Da dove è saltata fuori?”

Naomi ruotò gli occhi e rispose per lui. “Uno dei suoi compagni di classe ha fatto una festa di compleanno a tema Braveheart. Frankie ha fatto il collegamento dei capelli rossi e tutto è partito da lì. Quando la mamma gli ha chiesto cosa volesse per il suo ottavo compleanno, lui aveva pronte due richieste: lezioni di cornamusa, oppure un viaggio a vedere il treno a vapore giacobita nelle Highlands scozzesi. Fortunatamente per i timpani di tutti, la mamma aveva tutte quelle miglia aeree da usare.”

“Per fortuna…” mormorò Lacey sottovoce.

“Hmm?” chiese Naomi.

“Niente,” le rispose prontamente.

Doveva darsi una regolata, ricordГІ a se stessa. Avere qui la sua famiglia era bello. Soprattutto poter vedere Frankie dopo tanto tempo. Ne aveva sentito la mancanza negli ultimi mesi, e il bambino era cresciuto un sacco. E sembrava anche essersi calmato un poco. Era solo lo shock di esserseli trovati tutti davanti senza preavviso. E il tempismo. Un tempismo davvero pessimo!

Lacey pensГІ alla sua fuga romantica con Tom. Prima o poi avrebbe dovuto parlarne con la sua famiglia, spiegando che li avrebbe dovuti lasciare a loro stessi. Ma adesso non era il momento. Erano appena arrivati in terra britannica.

“Ehi, mamma, guarda qua,” disse Naomi, rivolgendosi a Shirley. Si era fermata fuori da un’agenzia immobiliare e stava guardando la vetrina con gli annunci di enormi proprietà agricole che nessuno poteva permettersi, ma dove tutti amavano immaginare di poter vivere.

Lacey sbuffГІ dalle narici: ora sarebbero rimasti fermi qua in eterno.

Proprio in quel momento, una voce femminile la chiamò alle sue spalle: “Lacey!”

Uh oh, pensГІ Lacey mentre si girava a guardare chi aveva parlato. Carol, la proprietaria del famoso B&B color rosa-gomma-da-masticare a Wilfordshire, li stava raggiungendo frettolosamente lungo la strada di acciottolato. Tra tutte le persone che Lacey non voleva incontrare, Carol era in cima alla lista, subito dietro alla sua nemica Taryn e a quella chiacchierona di Brenda. Si preparГІ al peggio.

Carol la raggiunse, le guance rosse per lo sforzo della corsa appena fatta. Il suo sguardo andГІ dritto a Frankie, che teneva stretta la mano di Lacey.

“Hai scambiato il cane con un bambino?” chiese Carol ridacchiando.

“Chester l’ho dovuto portare dal veterinario,” spiegò Lacey. “Questo è mio nipote Frankie. Starà da me per qualche giorno.”

“Nipote?” esclamò Carol. “Non sapevo neanche che ne avessi uno.”

Perché non ti sei mai presa realmente il tempo per conoscermi, pensò Lacey, ma non lo disse. “Beh, ce l’ho,” fu la sua più diplomatica risposta.

“Lascia che ti dia uno di questi,” disse Carol, che già aveva perso interesse per l’argomento. Porse a Lacey un volantino rosa chiaro.

Lacey lesse il testo e vide che era la pubblicità di un nuovo sconto al suo B&B per le vacanze estive. In cubitali lettere in grassetto nero, l’annuncio proclamava: Più economico del Lodge, e anche la colazione è migliore!

Lacey pensò all’amica Suzy, che aveva recentemente aperto un altro B&B sulle colline circostanti. Suzy aveva assunto Lacey come interior designer, e anche se il lavoro non era andato proprio secondo i piani, dopo che il sindaco della cittadina era stato ucciso con un colpo di fucile nel salotto, le sorti del Lodge si erano comunque risollevate e il B&B stava rapidamente diventando la migliore struttura turistica di Wilfordshire.

“Non sono sicura che sia legale affermare che la tua colazione è migliore di quella della concorrenza,” disse Lacey a Carol con tono indifferente.

“Sciocchezze,” rispose Carol, scansando la critica con un gesto della mano. “Chi potrebbe mai denunciarmi? Sono sicura che il sovrintendente Turner e la detective Lewis hanno cose molto più importanti da fare che preoccuparsi delle parole riportate su un volantino!”

Lacey rabbrividì al pensiero del sovrintendente Karl Turner. Aveva conosciuto l’arrogante poliziotto ben più di quanto avrebbe desiderato. Anche se la sua collega, l’ispettore capo Beth Lewis, era quantomeno una persona gradevole, Lacey aveva tutti i motivi per desiderare di non rivedere mai più nessuno dei due.

In quel momento Shirley e Naomi apparvero ai suoi fianchi: a quanto pareva lo spettacolo offerto dalla vetrina dell’agenzia immobiliare, con tutte quelle ville di campagna così costose, le aveva annoiate ben prima di quanto Lacey aveva previsto.

“Carol,” disse lei, sentendo le spalle che iniziavano a irrigidirsi, “questa è mia mamma Shirley, e questa è mia sorella Naomi. Sono arrivate questa mattina da New York.”

“Oh, come sono felice di conoscervi,” disse Carol tutta elettrizzata.

Naomi rise. “Anch’io sono molto felice di conoscerti,” disse, cercando di imitare l’accento inglese, ma fallendo miseramente.

Carol la fissГІ. Lacey non riusciva a interpretare chiaramente la sua espressione, ma non ne aveva realmente bisogno, perchГ© era molto probabile che la donna si sentisse offesa.

Lacey doveva salvare la conversazione, e velocemente anche, altrimenti Carol se ne sarebbe andata subito in giro a parlare a tutti della sua maleducata famiglia.

“Ehi!” esclamò, colpita da un’improvvisa idea. Fece sventolare l’orribile volantino rosa davanti ai volti della madre e della sorella. “Che ne dite se vi prenoto una stanza al B&B di Carol? Pago io. È pieno di decorazioni meravigliose, come i fenicotteri rosa,” disse a Frankie, tentando di stuzzicare il suo interesse. “E servono il migliore fritto di tutta Wilfordshire,” aggiunse, rivolgendo quel commento alla madre amante del cibo. “E dato che al momento c’è quest’offerta molto generosa,” proseguì, spostando lo sguardo da Carol – che si era gonfiata di orgoglio – a Naomi – sorella spendacciona – “non è un problema pagare per voi. Cosa dite? Offro io?”

Lacey si morse il labbro, aspettando con ansia la loro risposta. Sistemarli al B&B le avrebbe permesso di prendere due piccioni con una fava: se li sarebbe levati di torno (e sarebbe scampata al loro costante controllo), e le sarebbe risultato più facile scappare a Dover quando fosse giunto il momento. Sperava di averli infilati in una situazione sociale sufficientemente imbarazzante, che impedisse loro di rifiutare l’offerta, perché ovviamente la cosa avrebbe rischiato di offendere Carol, che si trovava proprio davanti a loro.

Ma ovviamente non fu così che andò. Lacey avrebbe dovuto aspettarselo.

Shirley diede un’occhiata al volantino rosa e arricciò il naso in evidente segno di disgusto. “Sarebbe chiederti troppo, Lacey,” disse.

“Sì, io voglio venire a dormire a casa tua!” aggiunse Frankie. “Scommetto che anche il tuo cottage è pieno di decorazioni bellissime!”

“Sono accordo con loro due,” disse Naomi. “Preferisco stare a casa tua che nel B&B di qualcuno che non conosco.” Sollevò lo sguardo su Carol e si affrettò ad aggiungere: “Senza offesa.”

Carol ovviamente si offese. In effetti sembrava aver appena ingoiato un limone particolarmente aspro. “Bene,” disse con tono secco. “Ti lascio alla tua famiglia, Lacey. Metti il mio volantino nella vetrina del tuo negozio, se non è un disturbo. Oppure puoi buttarlo come carta straccia, se non ti interessa.”

E detto questo se ne andГІ di gran carriera, sventolando con rabbia i volantini rosa di fronte ai passanti che incrociava nel suo cammino.

Lacey si sentì sprofondare. Si era convinta che una volta sistemata la sua famiglia nel B&B, avrebbe potuto spiegare loro con maggiore facilità della sua gita con Tom. Ma ora avrebbe dovuto ospitarli – e sopportare le critiche sulla casa che adorava, ma istintivamente sapeva non sarebbe piaciuta a loro – prima di destabilizzarli un’altra volta quando fosse arrivato il momento per lei e Tom di partire. Doveva parlare loro del viaggio, ed era meglio farlo prima che dopo.

Stasera, decise. La torta di carne fatta in casa avrebbe aiutato ad attutire il colpo. Almeno lo sperava.

Con l’apprensione che le attorcigliava lo stomaco, Lacey capì che la sua divertente serata con Tom sarebbe stata un’esperienza non certo all’ultimo grido, rispetto a quello che inizialmente si era prospettata.




CAPITOLO CINQUE


“Ta-dà!” esclamò Tom svoltando l’angolo della cucina della pasticceria, portando un piatto di ceramica con le mani infilate in un paio di guanti da forno.

Tutti applaudirono.

Dopo la gita giornaliera alla spiaggia, la famiglia era tornata alla pasticceria, che Tom aveva prenotato solo per loro, come se fosse una riunione clandestina dopo l’orario di chiusura. Tom aveva sistemato addirittura delle candele e c’era una bottiglia a rinfrescarsi nel cestello portaghiaccio. Sarebbe stato così romantico, pensò Lacey, se non avesse dovuto condividere la serata con la sua invadente famiglia.

Il vapore saliva dal piatto che Tom posГІ sul tavolo.

“Come hai detto che si chiama?” chiese Shirley, strofinandosi i palmi delle mani con trepidazione.

“Homity Pie.” Tom iniziò a tagliare la torta con un coltello. “O anche Devon Pie, come la chiamiamo nella mia città natale. Anche se a pensarci bene non so se sia stata realmente inventata a Devon o se la nostra sia solo una falsa pretesa.”

RidacchiГІ e posГІ una fetta su un piatto, porgendolo a Naomi.

“A me sembra una quiche,” disse lei, prendendo il piatto e tenendolo sollevato a livello degli occhi, neanche dovesse fare un’ispezione per igiene e sicurezza.

Lacey le diede un calcio sotto al tavolo. “È di tradizione britannica,” disse a denti stretti.

Tom non parve offendersi, ma si limitò a sorridere. “Le ricette sono molto simili, è vero. Anche se ovviamente in questa ci sono le patate. Noi britannici adoriamo le nostre patate.”

“Sì, questo l’ho notato,” disse Shirley, tastando scettica la sua fetta con una forchetta. “Torta e purè. Fish �n’ chips, cioè pesce con le patatine. Dimmi un po’, ci sono altre verdure che mangiate, qui in Inghilterra?”

Lacey si massaggiò la fronte: sentiva crescere l’irritazione. Sua madre stava tentando di mostrare interesse, ma le sue parole risuonavano velatamente critiche, come quelle di uno spassionato giudice culinario.

“Certo, mamma,” disse con decisione. “E sono sicura che Tom non ha tutta questa voglia di starsene qui a elencartele tutte.”

Shirley corrugГІ la fronte, ma Tom non sembrava aver colto nessun commento sottinteso. VersГІ a tutti quanti un bicchiere di prosecco (e succo di male frizzante per Frankie, per non escluderlo) e alla fine si sedette.

“Alla famiglia!” disse.

“Alla famiglia!”

Famiglia, pensГІ Lacey, con uno stanco e sommesso sospiro.

Tutti brindarono, fecero tintinnare i loro bicchieri e poi si tuffarono famelici sui loro piatti.

Nonostante la tensione, le preoccupazioni di Lacey si dissolsero rapidamente mentre assaporava il meraviglioso impasto al burro di Tom, suo marchio di fabbrica. C’era un accenno di noce moscata mescolata al ripieno di formaggio e cipolla, e Tom era riuscito addirittura a infilarci dentro degli spinaci, senza però che questi oscurassero il resto del gusto con il loro sapore amarognolo.

“È un miracolo,” commentò Noemi. “Frankie sta mangiando le verdure cotte.”

“Sono saporite,” disse Frankie senza ulteriori commenti. “Non come le fai tu, mamma.”

Naomi fece il broncio.

“Il trucco è di usare del burro di buona qualità,” le spiegò Tom. “E di spremere fuori tutta l’acqua in eccesso.”

“Dove hai imparato a cucinare?” chiese Shirley piuttosto bruscamente. Sembrava più l’inizio di un interrogatorio che una semplice domanda.

“Ho seguito corsi in tutto il mondo,” rispose Tom.

“Dove?” chiese Naomi. Era il suo turno di interrompere la conversazione.

Tom riprese il discorso. “Italia. India. Paesi Bassi. Portogallo. Ho passato un anno a Parigi per perfezionare i croissant.”

“E in Scozia?” chiese Frankie, intromettendosi nella partita di ping-pong che il povero Tom stava giocando.

“Frankie,” lo rimproverò Naomi.

“Cosa c’è?” protestò lui.

Tom sorrise, senza scomporsi. “Ci sono stato, in Scozia,” disse a Frankie.

Gli occhi del ragazzino si illuminarono. “Hai imparato a fare l’haggis?”

“Certo.”

“Wow…” disse Frankie, senza fiato per la meraviglia.

“E…” aggiunse Tom, “ho imparato anche a fare i tatties and neeps, e ho la migliore ricetta della cullen skink.”

Frankie iniziГІ a ridere.

Lacey si sentiva scaldare il cuore nel vedere quanto Tom fosse calmo e paziente con suo nipote. Frankie sembrava averlo preso davvero in simpatia. Non aveva nessun modello maschile nella sua vita – un nonno scomparso, nessuna idea di chi fosse il suo vero padre, e ora neanche più David come zio – quindi non c’era esattamente da sorprendersi che si sentisse attratto da Tom. Ma era un sollievo che almeno una persona nella sua famiglia si stesse comportando in modo educato e cordiale, soprattutto considerato che Naomi stava facendo l’adolescente dagli occhi sgranati e Shirley non si era ancora messa del tutto a proprio agio.

“Sei piuttosto esperto, eh?” disse Shirley con voce gelida. Aveva gli occhi fissi sul suo prosecco mentre lo stava facendo rigirare nel bicchiere.

Lacey conosceva bene quel tono di voce. Sua madre stava ovviamente confrontando i risultati culinari di Tom con quelli lavorativi di David, che secondo lei non era un paragone per niente corretto. David e Tom erano come il giorno e la notte. E poi, per quello che la riguardava, seguire il proprio padre nell’azienda di famiglia non era lo stesso che partire da soli, avviando la propria attività e seguendo la propria passione personale.

“Grazie,” disse Tom, come sempre incapace di cogliere i doppi sensi tra le righe di una conversazione. Era un’abitudine che tra tutte le cose irritava Lacey, ma in questa situazione cadde piuttosto a fagiolo.

“Possiamo lasciare che il povero chef mangi qualcosa?” chiese esasperata. Indicò la torta di Tom, da cui lui non aveva preso ancora neanche un morso. “Tutte queste domande mi stanno facendo girare la testa.”

Lacey avrebbe voluto tantissimo poter parlare con Tom da sola riguardo al loro imminente viaggetto, e a come dare la notizia alla sua famiglia. Ma non ne ebbe l’occasione. Perché ovviamente la sua famiglia non la ascoltò quando lei chiese loro di smetterla di importunare Tom, e la conversazione tornò subito a una raffica di domande rivolte a lui.

Però in un certo senso Lacey si stava anche divertendo. O almeno sentiva di tollerare di buon grado la presenza dei suoi famigliari. E vedere l’espressione da cucciolotto che Frankie aveva mentre guardava Tom era effettivamente piuttosto dolce.

Decise di non rovinare quel momento con la notizia, e tenne la bocca cucita. Anche se prima o poi avrebbe dovuto sputare il rospo, per ora aveva deciso per il poi.


*

Era buio ormai quando il taxi li venne a prendere per portarli dalla pasticceria al Crag Cottage. I fanali della vettura illuminarono il vecchio edificio di pietra e nonostante l’abbondanza di prosecco che le rigirava nello stomaco, Lacey provò un’improvvisa fitta d’ansia al pensiero di cosa la sua famiglia avrebbe detto della casa. Era tutt’altra cosa rispetto all’elegante appartamento che aveva condiviso con David a New York, che era un ambiente moderno e confortevole. Ma per lei significava tantissimo. Era suo, solo suo. C’era un mucchio di orgoglio a tenere legati insieme quei vecchi mattoni di pietra sbrecciati.

Naomi si sporse in avanti dal sedile in ecopelle nera del taxi, allungando il collo per vedere meglio attraverso il parabrezza. “Abiti qui?” chiese con quel tono di incredulità che aveva usato così di frequente nel corso degli anni, da fargli ormai perdere l’effetto desiderato. (“Sposerai lui?” “Ti metti quello?” “Ti trasferisci lì?”)

“Già,” rispose Lacey, raccogliendo tutta la sua sicurezza e usandola come uno scudo.

Naomi distese le lunghe gambe dal sedile posteriore del taxi e scese, attraversando il prato a grandi passi.

Lacey tenne d’occhio la sorella mentre porgeva al tassista una banconota da dieci sterline. Naomi stava andando verso la scogliera e la combinazione di erba soffice, tacchi alti, buio e prosecco nelle vene faceva sentire Lacey sempre più nervosa. Seguì rapidamente la sorella, lasciando sua madre a occuparsi di Frankie – che russava – e del baule carico di bagagli.

“Ehi, sorellina, attenta a dove metti i piedi!” la chiamò Lacey, correndo sull’erba illuminata dalla luna.

“Vivi accanto all’oceano?” chiese Naomi a voce alta, continuando a camminare.

Questa volta il suo tono di voce era assente. Era davvero sincera.

“Carino, eh?” chiese Lacey, portandosi finalmente accanto a lei.

Naomi rimase in silenzio. Il suo sguardo era fisso in avanti, rivolto al mare nero e mosso. La brezza le soffiava nei capelli. Si strinse la braccia attorno al busto.

“È proprio come quando eravamo bambine,” disse alla fine. “Quando venivamo qui in vacanza con papà.”

Lacey scrutò il suo profilo. Naomi non parlava mai del passato, se poteva evitarlo. “Te lo ricordi?” le chiese.

“Certo,” rispose la sorella con voce malinconica ed espressione assorta. Si voltò a guardare Lacey, la luna bianca riflessa nelle sue pupille. “Ci sono cose che non si dimenticano mai.”

“Ragazze?” esclamò improvvisamente Shirley con la sua voce acuta.

Lacey distolse lo sguardo da Naomi, voltandosi verso il portico antistante al cottage. Shirley era lì in piedi, circondata da valigie e borse, intenta a tenere appoggiato contro la porta un Frankie mezzo addormentato.

“Potete fare a meno di perdervi in chiacchiere e venire ad aiutarmi?” continuò. “Si gela!”

Era una tiepida serata estiva, e certo non si gelava, ma Lacey corse comunque verso di lei. In quanto sorella maggiore, il suo senso dell’obbedienza le era stato inculcato in un modo molto più marcato rispetto a Naomi. Lasciò quindi sospeso nell’aria accanto alle scogliere il criptico commento della sorella.

Il Crag Cottage sembrava piccolissimo con tutta la sua famiglia dentro, anche se Lacey vi aveva ospitato gruppi ben più numerosi in passato. I suoi famigliari erano delle presenze così ingombranti ai suoi occhi. Le sembrava quasi che i bassi soffitti stessero sprofondando, che le strette pareti si stessero avvicinando…

Li condusse subito in cucina. Di tutte le stanze del cottage, la rustica cucina in stile campagna inglese era il suo orgoglio e la sua gioia. Dalla gamma di pentole di bronzo appese alle pareti alla cucina economica originale e all’ampio lavabo in ceramica, tutto in quella stanza era prezioso per lei.

“Che carina,” disse Naomi con freddezza.

“Prova a ridirlo con sentimento,” le disse Lacey con secca ironia.

“È come la casa di un contadino,” disse Frankie sbadigliando assonnato.

“La casa di un contadino di stile,” aggiunse Naomi frettolosamente.

“Intendo l’odore,” disse Frankie. “L’odore di cane. E… quella è spazzatura?”

Naomi fece una risata forzata. “Frankie ha così tanto sonno che sta praticamente delirando,” disse a voce alta.

Ma per Lacey non era un problema, perché sapeva che i commenti di Frankie non erano mai intesi con malizia. L’odore delle pecore della sua vicina era piuttosto forte a volte, soprattutto ora che la temperatura si stava alzando e gli agnelli stavano crescendo. E poi Frankie era solo un bambino. Erano le opinioni di sua mamma e di sua sorella quelle che davvero contavano per lei.

“È proprio come me l’aspettavo,” disse Shirley.

“Cosa vorrebbe dire?” chiese Lacey. Ma sapeva a cosa stesse alludendo sua madre. Lacey aveva ereditato il gusto di suo padre – antichità, cottage vicino all’oceano, pittoresche cittadine britanniche – e Shirley ne era perfettamente consapevole. Però le faceva comunque male sapere che sua madre non avrebbe mai e poi mai approvato quell’aspetto del suo carattere.

“Sto solo dicendo che quell’appartamento sulla Upper East Side non è mai stato veramente il tuo stile,” disse Shirley, facendo marcia indietro. “Quella è più roba da Naomi. Ti ho sempre immaginata in un cottage affacciato sull’oceano.”

Se Shirley stava cercando di arrampicarsi fuori da un buco, stava solo peggiorando le cose.

“Credo che dovremo capire come sistemarvi a dormire,” disse Lacey rigidamente. “Non sono sicura di dove e come riuscirò a farvi stare. Ho solo una stanza per gli ospiti.”

“Io posso prendere la camera per gli ospiti,” disse Shirley, come se si stesse offrendo per un generoso sacrificio.

Lacey guardò Naomi. “Te e Frankie volete dormire insieme nella mia camera? C’è un letto matrimoniale. O Frankie è troppo grande?”

Naomi arruffò i ricci rossi del figlio mezzo addormentato. “Penso che Frankie sia troppo stanco perché la cosa gli possa dare fastidio, per una notte. Ma può darsi che per gli altri giorni dovremo costruirgli un forte nell’angolo della stanza.”

Rise e Lacey si irrigidì, ricordando l’imminente viaggio di cui ancora non aveva detto niente alla sua famiglia. Anche se Naomi ora le aveva offerto effettivamente la possibilità di farlo, aveva la sensazione che non fosse esattamente il momento più opportuno per tirare fuori l’argomento. Non con Shirley che la stava guardando con aria di disapprovazione e con Frankie che barcollava esausto, e Naomi che… beh, non era mai il momento giusto per dare delle cattive notizie a Naomi.

Quindi Lacey scelse la scappatoia del codardo e si ritirГІ in salotto per dormire sul divano.

Mentre se ne stava sdraiata lì, fissando il soffitto, avvertì più che mai la mancanza di Chester. Se lo poteva immaginare nella cuccia all’ambulatorio veterinario, abbandonato e solo. Il poverino era probabilmente così confuso, incapace di capire cosa gli stesse succedendo. E avrebbe dovuto sopportare l’intera situazione per ben due settimane! Per lo meno lei avrebbe sostenuto il proprio disagio per un paio di notti e basta.

Pensando a Chester, Lacey arrivò a una risoluzione personale. Era ora di smettere di rimandare. Domani avrebbe detto alla sua famiglia che lei e Tom avevano prenotato un viaggio e che quindi li avrebbe lasciati lì a Wilfordshire a badare a loro stessi. Forse così avrebbero capito che la prossima volta che avevano voglia di farle una visita, sarebbe stato meglio prima controllare

Sì, certo. E i maiali volano… fu l’ultimo pensiero di Lacey, prima di addormentarsi.


*

Lacey si svegliГІ sul divano e cercГІ di stiracchiarsi. Ogni singolo muscolo era rigido e dolorante: il divano non era esattamente robusto. Dopo otto ore sotto al peso morto di una persona addormentata, si era praticamente disintegrato.

Lacey allungГІ braccia e gambe, sbuffando mentre il suo corpo protestava.

La luce del giorno stava filtrando da una fessura tra le tende color crema. Ma la casa era nel silenzio. Un insolito silenzio.

“Chester,” disse Lacey con tono mesto, ricordando il suo cucciolone a un paio di miglia da lì, rinchiuso in una gabbia dal veterinario.

Il suo pastore inglese era affidabile come un orologio e la svegliava ogni mattina alle sette precise, in modo da potersi fare la sua corsetta mattutina sul prato, cacciando via qualsiasi pecora si fosse addentrata oltre i confini del giardino di Gina durante la notte, per poi trangugiare la sua ciotola di crocchette mentre Lacey mandava giГ№ un espresso. Poi andava generalmente a cercare la sua pallina da tennis preferita, oppure si sedeva sul tappeto della cucina abbaiando in direzione del guinzaglio, perchГ© era finalmente pronto per la passeggiata lungo la spiaggia fino al negozio.

Ma il silenzio sembrava molto più pronunciato che per la mera assenza di Chester. Suonava tremendamente sospetto. E dato che la sua famiglia non era esattamente nota per la propria quiete, Lacey si rese conto che c’era una sola spiegazione: se n’erano andati!

Saltò su dal divano, lasciando cadere il lenzuolo che stava usando come coperta, e corse fuori dal salotto a piedi scalzi. Andò dritta in cucina. Sul tavolo c’erano due piatti pieni di briciole, accanto a una ciotola per i cereali vuota, con un piccolo residuo di latte all’interno e un paio di cornflakes che galleggiavano sul fondo. Due mug usate per il caffè, un bicchiere per il succo. Coltelli e forchette sporchi. Nessuna giacca appesa agli attaccapanni vicino alla porta della cucina. Niente scarpe sul tappetino.

“Se ne sono andati!” esclamò Lacey.

Il pensiero della sua famiglia sguinzagliata in cittГ  senza alcuna supervisione le fece provare una scossa di terrore. Avrebbero potuto incontrare chiunque. Dire qualsiasi cosa! Doveva trovarli!

AttraversГІ rapidamente la casa, raccogliendo le cose che le servivano per la giornata, poi corse fuori.

Dove siete andati, ragazzi? scrisse in un rapido messaggio per Naomi mentre risaliva velocemente il vialetto del giardino e poi il vicolo.

Siamo andati a fare colazione in cittГ , le rispose Naomi.

Dove? le scrisse Lacey, pensando alla caffetteria d’angolo, di proprietà della donna che l’aveva accusata di omicidio, o al bar poco più avanti dove si erano dimostrati ostili nei confronti di un’americana che veniva ad aprire un negozio lungo la via principale. C’erano così tanti posti dove Lacey non voleva che andassero!

Nessun messaggio da parte di Naomi. Lacey allungГІ il passo.

Quando raggiunse il fondo della via principale, cominciò a camminare zigzagando da un lato all’altro del viale, controllando in ogni vetrina. Non erano alla caffetteria (grazie al cielo) e neanche nel bar. Non erano neanche in panificio, o in nessuna delle graziose sale da tè, con i loro muri color pastello e le tendine quadrettate, la cui particolarità avrebbe sicuramente esercitato il suo fascino su una sentimentale buongustaia come sua madre.

“Dove sono?” mormorò Lacey a voce alta.

Era quasi arrivata al suo negozio di antiquariato, quando improvvisamente vide con la coda dell’occhio qualcosa di arancione. Girò la testa e scorse gli inconfondibili ricci rossi di Frankie attraverso la vetrina della pasticceria di Tom.

“Oh, no…” disse, ancora a voce alta, accelerando il passo.

Man mano che si avvicinava, poteva vedere sempre meglio attraverso la vetrata. Sedute accanto a Frankie c’erano sua madre e Naomi. E poi c’era Tom. Erano tutti sorridenti, come se stessero condividendo un momento di piacevole entusiasmo.

Le si strinse lo stomaco mentre spingeva la porta ed entrava bruscamente nel locale.

Tutti si girarono al suono aggressivo del campanello.

“Lacey,” disse Tom, raggiante. “Grandi notizie. I tuoi vengono a Dover con noi!”




CAPITOLO SEI


Lacey afferrГІ Tom per il gomito e lo trascinГІ nella cucina della pasticceria.

“Cosa stai facendo?” sibilò.

“In che senso?” le chiese lui, confuso.

“Hai invitato la mia famiglia a unirsi a noi per la nostra gita romantica a Dover?”

Tom scrollò le spalle. “Hanno fatto il viaggio fino a qui da New York,” le disse. “Non possiamo andarcene e lasciarli qui. Sarebbe quantomeno maleducato.” Fece un passo avanti e le accarezzò con affetto il braccio. “E comunque sarà una buona opportunità per me per conoscerli meglio. Che vorrebbe dire conoscere meglio anche te. Non penso che tu mi racconteresti di tua spontanea volontà tutti gli aneddoti imbarazzanti della tua infanzia, no?”

Le rivolse un tenero sorriso, ma non servì ad ammorbidirla. Lacey si mise le mani sui fianchi.

“Ma dove li mettiamo? Non intendo dormire ancora sul divano!”

Tom le strinse le braccia con fare rassicurante. “Rilassati. Doveva essere una sorpresa, ma la locanda è effettivamente un faro riconvertito di recente. Ho prenotato la suite principale, ma c’è la possibilità di affittare l’intero edificio. Chiamo subito il proprietario e prenoto le altre stanze, ok? Ci sarà spazio a sufficienza per tutti quanti.”

Un faro? O santo cielo! Se Tom non gliel’avesse rivelato in circostanze tanto stressanti, Lacey sarebbe stata davvero emozionata. Era una cosa unica! Così esotica! E invece la sua mente era completamente annebbiata dallo shock e l’unica sensazione che riusciva a provare era totale frustrazione.

“Avresti dovuto chiedermelo prima,” bofonchiò.

Tom la guardò perplesso. “Pensavo che avessi voglia di passare del tempo con la tua famiglia. Non avevo idea che la cosa ti avrebbe dato fastidio.”

“Non mi dà fastidio,” ribatté lei immediatamente, anche se le era difficile comprendere il complesso dei sentimenti che provava, figurarsi spiegarlo. “È solo che volevo passare del tempo con te,” disse, espirando tristemente.

“Ho buone notizie,” le disse Tom con un sorriso malizioso in volto. “Vengo anch’io.”

Ma la battuta non ebbe l’effetto di rallegrarle l’umore. Era davvero tipico di Tom. Avrebbero dovuto godersi una gita romantica, anzi, la loro prima gita romantica! Ma con la sua famiglia alle calcagna, ogni possibilità di cene a lume di candela o champagne e fragole, o bagni nella Jacuzzi sarebbe stata assolutamente fuori discussione. Eppure sembrava che la cosa non lo infastidisse per niente.

Lacey non sapeva che parole usare per esprimere quello che stava pensando. Quindi gli rivolse un mesto sorriso e si limitò a ribattere: “Sì, immagino di sì.”


*

“Non pensi che mi stia comportando in modo egoista, vero?” chiese Lacey lasciandosi andare a un profondo sospiro. “È solo che ero davvero entusiasta di avere del tempo tutto per me e Tom, e poi lui li ha invitati a venire con noi. Cioè, ma ci credi?”

Stava fissando gli scuri occhi comprensivi di Chester. Il cane mugolГІ, come a indicarle che la capiva, e lei gli accarezzГІ le orecchie vellutate.

“Grazie,” mormorò Lacey. “Sapevo che avresti capito.”

In quel momento, Lakshmi apparve sulla porta con il suo camice verde scuro addosso. Abbassò lo sguardo su Lacey e Chester, accoccolati sul pavimento fuori dalla gabbia aperta. “State bene lì per terra?”

Lacey annuì. Era venuta direttamente dalla pasticceria di Tom alla clinica per avere un po’ di solidarietà canina dal suo Chester, che di certo non l’avrebbe giudicata, come probabilmente avrebbe fatto invece Gina. Voleva anche salutarlo, perché quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe visto per un po’ di giorni.

“Avevo solo bisogno di una sessione di pet-therapy,” scherzò Lacey. Liberò le gambe da sotto il peso di Chester, che le si era sdraiato in braccio. “Gina verrà a trovarti domani,” gli disse.

Chester la guardГІ con occhi tristi.

“Oh, piccolo, non farmi quella faccia,” gli disse. “Tu adori Gina.”

Chester sbuffГІ dalle narici, poi entrГІ obbediente nella sua cuccia, con la coda bassa e penzolante. Lacey provГІ una fitta di senso di colpa.

“Sta bene là dentro?” chiese a Lakshmi, piena di preoccupazione.

La dottoressa chiuse la porta della gabbia e vi mise il lucchetto. Chester guardava sconsolato attraverso il vetro.

“Sta benone,” le assicurò. “Sta reagendo bene alle pastiglie. Stavi dicendo che qualcun altro verrà a trovarlo mentre tu sei a Dover?”

Lacey sentì le guance che si arrossavano. Lakshmi doveva aver origliato tutta la precedente conversazione tra lei e Chester, con tutta la sua lamentosa tirata su Tom che aveva invitato la sua famiglia a Dover.

Si grattò il collo in modo imbarazzato. “Hai sentito tutto, eh?”

Lakshmi rise. “Uh-huh. Mi sa di sì. Ma non ti preoccupare. Io non penso per niente che tu ti stia comportando da egoista.” Abbassò la voce. “Io vado in vacanza per allontanarmi da mia madre. Se qualcuno la invitasse a venire, sarei furente.”

Anche Lacey rise. “Sono contenta di non essere l’unica.”

Con l’umore leggermente risollevato, lasciò Chester alle capaci cure di Lakshmi e tornò verso il suo negozio.

Sua madre, sua sorella e suo nipote erano tutti dentro quando arrivò. Frankie era seduto sul pavimento e giocava con Boudicca, mentre Naomi sedeva vicino alla finestra, sfogliando una rivista di pettegolezzi. Anche Shirley era seduta, con la schiena dritta e rigida, sulla poltroncina in velluto rosso, l’espressione un misto di disagio e noia.

“Eccola qua!” esclamò Gina quando il campanello d’ottone tintinnò leggermente al suo ingresso.

“Lacey,” disse Shirley con lo stesso tono che era solita usare quando da bambina Lacey ne combinava qualcuna. “Dove diavolo eri scomparsa?”

“Scusate,” mormorò lei. “Sono dovuta andare dal veterinario a salutare Chester. Pensavo di averlo detto.”

Sapeva benissimo di non averlo fatto, dato che se n’era andata di punto in bianco dal negozio di Tom, frastornata, ma una piccola bugia innocente a volte era necessaria per evitare discussioni maggiori.

“Gina mi ha raccontato tutto di Punch e Judy,” si intromise Frankie. “Voglio comprare il pagliaccio, ma la mamma ha detto che non posso.”

“Mi fa paura,” disse Naomi, guardando la marionetta con una smorfia. “E lo vuoi solo perché ha i capelli rossi. Non ci giocheresti mai.”

Lacey guardò Gina con espressione dispiaciuta. Non le era venuto in mente che l’amica sarebbe rimasta incastrata con la sua famiglia mentre lei faceva la sua sessione di pet-therapy con Chester. Eppure Gina non sembrava per niente stressata, ma piuttosto positiva. Dopotutto era una che amava stare con la gente. E non aveva neanche lo stesso passato che lei aveva vissuto con loro.

“Allora, cosa facciamo oggi?” chiese Shirley con il suo tono leggermente irritato. “Non voglio starmene seduta nel tuo negozio per un’eternità.” Anche se non lo disse a voce alta, era più che evidente che Shirley si sentiva piuttosto a disagio nel negozio di antiquariato di Lacey. Il suo naso arricciato e la postura rigida erano un segnale inequivocabile.

Naomi si unì a lei. “Sì, Lacey, cosa facciamo oggi? Abbiamo visto la spiaggia. Le scogliere. Le pecore. Abbiamo mangiato pasticcini appena sfornati e bevuto tè dalla teiera. Cos’altro c’è da fare qua in giro?”

“Tom ha detto che dovremmo bere il cream tea del pomeriggio,” disse Frankie. Guardò Lacey con espressione interrogativa. “Cos’è il cream tea? È come un frullato caldo?”

Lacey rise. “Capisco come tu sia arrivato a questa conclusione, ma no, il cream tea non è un frullato caldo. Il cream tea è quando bevi una tazza di tè con uno scone alla marmellata e la panna,” gli spiegò.

“Gli scone!” ripeté Frankie. “Li ho mangiati. La mamma me li prepara nelle occasioni speciali.”

Sorpresa, Lacey si voltò a guardare la sorella. Naomi stava fingendo di non ascoltare più la conversazione, per l’ovvio motivo che la persona che aveva fatto loro conoscere gli scone era stato loro padre, e lo aveva fatto proprio a Wilfordshire.

“Beh, Wilfordshire ha i migliori scone di tutto il Regno Unito,” disse Lacey, rivolgendosi di nuovo a Frankie. “Devi provarli prima di tornare a casa. Posso suggerire un’adorabile sala da tè sulle colline, e lì c’è anche una bellissima residenza signorile che si chiama Villa Penrose.” Se la sua famiglia avesse fatto tutto il giro fino alla villa, lei avrebbe avuto almeno un paio d’ore di respiro prima che il loro viaggio li costringesse a stare ancora più vicini.

“Altro cibo?” disse Shirley con un sospiro sdegnoso. “Onestamente, come fanno gli inglesi a non essere tutti sovrappeso? Pare che ci sia un pasto dopo l’altro, qui.”

Gina iniziò a ridere, dandosi dei colpetti sulla pancia leggermente arrotondata. “Alcuni di noi lo sono.”

Boudicca emise un piccolo verso, come se volesse protestare contro l’auto-ironia della padrona.

“Non possiamo restare qui?” chiese Frankie. Era seduto a gambe incrociate sul pavimento accanto a un baule aperto, circondato da giocattoli antichi.

“Ti annoieresti nel giro di cinque minuti,” commentò Naomi.

Shirley non sembrava per niente contenta della richiesta di Frankie. “No, Frankie. La nonna non se ne vuole stare seduta in una stanza buia e polverosa tutto il giorno. Non è salutare per i miei polmoni. E non posso neanche dire che l’odore mi piaccia molto.”

Diciamo che sono piГ№ che altro i ricordi a non essere graditi, pensГІ Lacey, la mente che andava al ricordo del vecchio negozio di antiquariato del padre a New York. Ma ovviamente non disse niente a voce alta. Parlare di suo padre era peccato.

Frankie si alzГІ in piedi, lasciando il suo mucchio di giocattoli sul pavimento, e andГІ alla porta. Naomi e Shirley lo seguirono.

“Almeno abbiamo solo un giorno da passare qui,” disse Naomi a Shirley mentre aprivano la porta. “Domani partiamo per Dover.”

Il campanello tintinnГІ mentre la porta si richiudeva dietro di loro.

Non appena se ne furono andati, Lacey si accasciò in avanti sul bancone e si lasciò andare a un profondo sospiro. Dubitava fortemente che nella pittoresca cittadina balneare di Dover ci sarebbe stato qualcosa di sufficiente a tenere occupata la sua famiglia, se Wilfordshire li aveva annoiati così rapidamente.

Gina si mise a ridere. “Dimmi che sono pazza, ma potrei giurare che tua sorella ha appena detto che domani vanno a Dover.”

Lacey posò gli occhi stanchi sull’amica e annuì tristemente. “Tom li ha invitati a venire con noi.”

Dietro alla sua montatura rossa, Gina sgranò gli occhi. “Oh.”

“Proprio oh,” rispose Lacey, prendendosi la testa tra le mani.

Sarebbe stato un lunghissimo viaggio.




CAPITOLO SETTE


“Questa è la tua auto?” chiese Naomi di primo mattino l’indomani. Lo disse con il suo tipico tono, mentre sollevava la sua valigia per metterla nel bagagliaio della Volvo. “Cioè, sei migliorata in materia di uomini, ma cosa diamine è successo al tuo gusto nei veicoli?”

“Mi serviva qualcosa per muovermi e andare in giro,” rispose Lacey, mettendosi subito sulla difensiva nei confronti della sua berlina, di seconda mano e brutta in modo unico. “Non avevo idea che mi sarei stabilita qui a Wilfordshire.” Lasciò cadere le sue borse nel baule dell’auto. “E poi, con il tempo sono arrivata ad amarla.”

Naomi ruotò gli occhi. “Facevi sembrare così stravagante la tua vita qui, Lacey. E invece salta fuori che lo è veramente, stravagante!”

Rise della propria aspra battuta, poi si accomodò sul sedile posteriore dell’auto. Lacey fece un profondo respiro per calmare i nervi che già erano a fior di pelle.

Era riuscita a superare un’altra serata con la sua famiglia, per lo più grazie alla calmante presenza di Tom e al suggerimento di guardare insieme un epico film fantasy della durata di tre ore. Sembrava quasi che Shirley stesse iniziando a provare una certa simpatia per lui, e c’erano voluti solo altri due piatti di alta ristorazione fatti a mano per portarla a quel punto, dopo la Homity pie. Le linguine alla prugna di Tom avevano fatto faville e la sua sorpresa mattutina con gli hot cross bun per la colazione sembrava aver concluso l’affare.

Proprio in quel momento, Tom apparve al suo fianco, le braccia cariche di bagagli. La stampa floreale di una delle borse le fece capire che appartenevano a Shirley.

“Mia madre ti ha fatto portare i suoi bagagli?” chiese Lacey, prendendo una delle valigie. “Come se fossi una specie di facchino?” Era mortificata.

“Mi sono offerto io,” le rispose Tom, come se non fosse un grosso problema.

Frankie saltò fuori dalla porta del Crag Cottage e montò in macchina, andando dritto al sedile del passeggero. Gridò “Colpito!” e si tuffò a bomba all’interno.

“Non penso proprio, signorino,” disse Lacey avvicinandosi al lato del passeggero prima che lui potesse chiudere la portiera. “Quello è il posto di Tom.”

“Ma io soffro di mal d’auto,” disse Frankie.

Naomi sporse la testa dal sedile posteriore e aggiunse: “È vero. Meglio farlo sedere davanti, sorellina. Non vogliamo certo che si metta a vomitare.”

Lacey strinse i denti.

Tom le rivolse uno sguardo comprensivo mentre le porgeva un pezzo di carta.

“Che cos’è?” gli chiese.

“Le indicazioni per arrivare alla locanda,” le disse lui prima di infilarsi sul sedile posteriore.

Lacey aprì il pezzo di carta e vide che quello che stava guardando era molto, molto più che un insieme di normali e lineari indicazioni. Tom aveva sfruttato lo stesso talento artistico che usava per fare le sue sculture di macarons per la vetrina del negozio e aveva disegnato, con pennino a inchiostro, una mappa della località dove erano diretti, vicino a Dover. Si chiamava Studdleton Bay, e dal modo in cui l’aveva rappresentata, sembrava un posto delizioso. La piccola cittadina aveva molte etichette riportate sopra, a indicare musei, chiese e bei ristoranti dove aveva intenzione di portarli durante la vacanza. C’era una spiaggia per prendere il sole, scogliere per camminare e aveva addirittura disegnato la locanda del faro dove avrebbero alloggiato, con una piccola versione di loro due ritratti a china nell’atto di salutare dalla finestra. Proprio come le fotografie, la mappa era un altro particolare romantico della gita che Tom aveva programmato, per renderla ancora più speciale.

Lacey si voltГІ a guardarlo, seduto sul sedile posteriore accanto a Naomi e Shirley, schiacciato tra le due, coscia contro coscia.

Proprio come lo volevano loro, pensГІ mestamente mentre ripiegava il foglietto e se lo infilava in tasca.

“Zia Lacey!” gridò Frankie dal sedile del passeggero. “Possiamo ascoltare musica di cornamusa?”

Lacey fece un profondo respiro tranquillizzante. Quelle poche ore di viaggio l’avrebbero davvero messa alla prova.


*

“Frankie, per la centesima volta: non stiamo andando in Scozia,” disse Lacey

Aveva la testa che scoppiava dopo un’ora di informazioni e chiacchiere su Loch Ness e le Highlands, e la ricetta dell’haggis. L’incessante entusiasmo di Frankie per tutte le cose che appartenevano alla Scozia aveva anche l’effetto secondario di escluderla dalle chiacchiere di Tom, Shirley e Naomi nel sedile posteriore. I tre sembravano andare d’accordo come grossi amici, ridendo di qualche battuta che lei non era riuscita a sentire. Lacey sapeva che avrebbe dovuto essere riconoscente del fatto che il suo compagno e la sua famiglia andassero d’accordo, ma era ancora scocciata per come sua madre e sua sorella si erano intrufolate nel loro viaggio romantico.

“Sai che ci sono più di settemila diversi stili di stoffa scozzese?” chiese Frankie.

Lacey espirò lentamente. “Lo sapevo già. Perché me l’hai già detto. Diverse volte.”

“Guardate!” esclamò improvvisamente Naomi dal sedile posteriore, tanto forte da farle quasi venire un attacco di cuore. “Il cartello di Studdleton Bay!”

In effetti, alla loro sinistra c’era l’indicazione blu dell’autostrada, con la scritta bianca che dichiarava l’attuale distanza dalla piccola cittadina di Studdleton Bay, vicino a Dover. Sotto c’era scritto:

Deal… 8 miglia

Sandwich Bay… 15 miglia

“Sandwich Bay?” lesse Lacey a voce alta. “Per quello c’era la foto del panino?”

Finalmente aveva messo al suo posto l’ultimo indizio fotografico che Tom le aveva passato.

“L’hai capito solo ora?” le chiese Tom ridendo. “Per cosa pensavi che fosse il panino?”

“Ho solo pensato che ci fosse un qualche famoso sandwich che fanno a Dover e di cui non sapevo nulla,” gli spiegò.

Sentì le spalle che iniziavano a fremere, scosse dalle risate. Era bello poter interagire con Tom per quella che le sembrava la prima volta da quando erano partiti la mattina. Ma prima che potesse continuare la conversazione, un altro nome sul cartello le fece quasi fermare il cuore in petto. Canterbury.

Tutt’a un tratto Lacey rivide nella propria mente il messaggio che aveva ricevuto da Xavier Santino. Quando aveva cercato di prendere le distanze da lui – preoccupata che potesse avere un secondo fine romantico per aiutarla – lui le aveva scritto dicendo di sapere dove si trovava suo padre. A quanto pareva c’era stato un recente avvistamento di Francis a Canterbury, ma Xavier era stato tanto vago nei dettagli e incapace di fornire qualcosa di più specifico, che lei aveva immaginato fosse solo un misero stratagemma per mantenere il contatto con lei. Ma ora che vedeva la parola stampata, cominciava improvvisamente a pensare che la cosa fosse possibile. Poteva darsi che suo padre fosse a sole venti miglia dal luogo della sua vacanza?

Ma i suoi pensieri vennero immediatamente distratti da Frankie.

“Guardate! Guardate!” gridò, indicando con gesti frenetici.

In lontananza era apparsa all’orizzonte una fascia argentata di oceano. Era così una bella e soleggiata giornata, che l’acqua luccicava. In alto, stormi di gabbiani volavano leggiadri sopra alle onde. E apparvero anche le frastagliate scogliere di gesso color crema. Le famosissime scogliere bianche di Dover.

Lacey sentì un brivido percorrerle la schiena. Non avrebbe permesso a niente e a nessuno di demoralizzarla. Per quanto la sua famiglia potesse darle ai nervi, o per quanto i pensieri di suo padre le affollassero la mente, si sarebbe goduta questo posto meraviglioso, questa estate strepitosa e questi giorni privi di responsabilità.

Sempre che prima non finissero con l’ammazzarsi a vicenda.




CAPITOLO OTTO


“Oh, Tom, è fantastico,” disse Lacey, incrociando il suo sguardo nello specchietto retrovisore.

Lui le rispose con un sorriso, ma non ebbe modo di dire nulla, perché Frankie stava indicando entusiasta fuori dal finestrino, esclamando: “C’è un castello su quella collina! Un castello!”

“E guarda quella chiesa pazzesca,” aggiunse Shirley, indicando un alto edificio in pietra grigia con un grandissimo campanile.

Tutti quanti continuarono a commentare meravigliati la bella campagna di Dover, mentre Lacey guidava in mezzo alle floride e verdeggianti colline, entrando infine nella graziosa e coccolosa cittadina di Studdleton Bay. Qui l’architettura era un miscuglio di vecchi cottage in pietra, case a tre piani in stile edoardiano e grandi edifici in mattoni, retaggio dell’epoca di re Giorgio, con le sporadiche rovine di una chiesa normanna. Sulle soglie delle porte sventolavano le bandiere inglesi, affiancate da cestini pieni di fiori rosa che decoravano ogni lampione.

Dopo un paio di curve in piГ№, in lontananza apparve la punta rossa a cupola di un faro.

“Non sarà mica quello…” disse Lacey, sentendo l’emozione gonfiarsi nel petto.

“Penso di sì…” rispose Tom con voce ridente.

“Non può essere!” balbettò lei incredula.

La struttura a strisce bianche e rosse del faro si fece sempre più evidente e Lacey non poté fare altro che guardarlo a bocca aperta per lo stupore. Quella di Tom era stata davvero un’idea unica. Così avventurosa. Così romantica. David non l’aveva mai portata in posti come questo. A lui piacevano i suoi hotel comodi, puliti e di lusso. Non avrebbe mai pensato alla rustica sistemazione di un faro sulle scogliere di Dover. Il cuore di Lacey era gonfio di gratitudine mentre guardava Tom dallo specchietto retrovisore. Come aveva potuto avere una tale fortuna?

“Sembra un lecca lecca,” esclamò Frankie accanto a lei.

“Sembra essere venuto fuori da quel film fantasy che abbiamo visto ieri,” aggiunse Shirley.

“Sembra… è in una fattoria?” disse Naomi.

Aveva ragione. Quando Lacey fece l’ultima svolta, l’odore di deiezioni animali filtrò attraverso i finestrini appena aperti. Un cartello di legno piantato nel terreno diceva Fattoria Ashworth e un nugolo di galline passò di corsa davanti all’auto.

“Attenta, zia Lacey!” gridò Frankie.

“Non ti preoccupare, le ho viste,” disse lei, rallentando a passo d’uomo. La macchina procedeva sobbalzando sul terreno irregolare.




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